Cosa può insegnare ad un parrucchiere l’apertura di Starbucks a Milano?

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7 Settembre 2018: il caffè di Starbucks sbarca ufficialmente in Italia.
Il CEO del colosso americano, Howard Schultz, chiude un cerchio con l’apertura della sua prima caffetteria in Italia, a Milano nella centralissima Piazza Cordusio.

Fu infatti proprio un viaggio nel capoluogo lombardo nel 1983 ad ispirare la nascita di quella che sarebbe diventata la più grande, potente e diffusa catena di caffetterie al mondo.
Quell’atmosfera famigliare dei bar milanesi – radicata in ogni bar del Bel Paese – fece sorgere in Schultz, proveniente da una famiglia modesta, l’idea di esportare il modo di vivere quel luogo dapprima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo.

L’intuizione è stata senza dubbio vincente: oggi Schultz è infatti a capo di un’azienda da oltre 28 mila punti vendita in 75 paesi, 22 miliardi di dollari di fatturato e più di 270mila dipendenti. Lo stesso CEO ha anche annunciato che sono in fase avanzate le trattative per aprire altri negozi Starbucks nello Stivale, ancora a Milano e poi a Roma e Torino.

Dal punto di vista economico la vicenda offre qualche spunto interessante. L’assenza di Starbucks finora indicava una duplice anomalia: da un lato l’assenza in Italia della più grande catena di caffetterie al mondo, dall’altro la non italianità della più grande catena di caffetterie al mondo.

Poi è ovvio che, mediamente, la produttività del lavoro nei bar italiani è superiore: il caffè è di gran lunga migliore e i prezzi più contenuti. Ma se non esiste una Starbucks italiana è perché il bar rappresenta il classico esempio di piccola impresa a conduzione familiare che fatica a scuotersi da una dimensione prettamente artigianale. C’è un’oggettiva difficoltà da parte degli imprenditori a uscire da questa dimensione per aprirsi a chi offre competenze e risorse per fare il salto di qualità.

Esistono comunque, nel nostro Paese, anche casi in controtendenza proprio nello stesso settore. Lo storico gruppo torinese Lavazza, ad esempio, sta cercando di conquistarsi un ruolo internazionale. Dal 2015 è il caffè ufficiale dei 4 più importanti tornei di tennis, quelli del Grande Slam: lo U.S. Open, il Roland Garros, Wimbledon e l’Australian Open (leggi qui).

L’apertura di Starbucks è però un’occasione per considerare alcuni problemi strutturali dell’economia italiana. Gli Americani impareranno con umiltà a produrre e ad affinare la produzione di caffè, come dichiarato dallo stesso Schultz. Ma il “sistema Italia”? Riuscirà ad apprendere come si crea un catena globale?
La speranza c’è, ed è tutto fuorché una cosa banale o scontata. Finalmente il resto del mondo scoprirebbe che il vero caffè si consuma altrove, non da Starbucks.